24 February 2023

19 Minuti di lettura

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Essere "Autenticamente noi" durante il Black History Month (mese della storia dei neri)

Febbraio è il Black History Month (mese della storia dei neri) e, tra le altre iniziative, Ubisoft lo celebra anche con una serie di attività legate al tema "Autenticamente noi", per dar spazio ai suoi dipendenti neri e alla diversità culturale. Tra le varie attività, Ubisoft ha organizzato una conversazione tra due dipendenti neri che vivono in continenti diversi, con background differenti. La Writer Arden Youngblood, al momento al lavoro su un titolo ancora non annunciato di Ubisoft Québec, e il Content Director Gilles Matouba, che con l'Open Innovation Lab si occupa di sviluppare giochi indie, hanno parlato di quanto sia importante essere se stessi sul lavoro, dei pregiudizi inconsapevoli e di come la diversità possa essere un bene prezioso.

[UN][Corp] BHM Authentically Us - Arden

Arden Youngblood: Sono in Ubisoft da circa un anno e mezzo. Sono una Writer e, assieme al mio team, sto lavorando a un gioco non ancora annunciato. Al momento siamo in fase di preproduzione, ma è grandioso far parte del progetto sin dall'inizio.

Gilles Matouba: È il primo gioco di cui ti occupi?

AY: Sì, è il mio primo progetto. Sono entrata nel settore dei videogiochi un anno e mezzo fa, ai tempi del COVID. Sono stata molto fortunata perché durante la pandemia ho iniziato a scrivere un romanzo per ragazzi. Mi occupavo di strategia aziendale e sviluppo di partnership, ma ho sempre desiderato provare qualcosa di maggiormente creativo. Solo che non sapevo come fare. Poi una delle mie sorelle più grandi ha conosciuto un Writer di Ubisoft e mi ha detto: "Arden, dovresti provare a mandargli qualcosa scritto da te." Così mi ha messa in contatto con lui, io gli ho fatto leggere del materiale e, prima che me ne rendessi conto, mi hanno offerto un lavoro. È successo tutto così in fretta.

È stata un grande lezione sull'importanza di avere una rete di conoscenze, e spero che man mano sempre più persone nere possano crearsi le loro reti, rendendo più frequenti opportunità del genere. Ora abbiamo un piccolo gruppo di dipendenti di Ubisoft con l'opportunità unica di reclutare altre persone nere in un campo con cui magari non hanno grande familiarità, e offrire loro un lavoro. Io, di sicuro, non sapevo che fosse possibile, ma sono lieta di averlo scoperto. O meglio, che mi abbiano scoperta.

Tu da quanto ti occupi di giochi?

[UN][Corp] BHM Authentically Us - Gilles

GM: Ho una certa esperienza. Lavoro in questo campo ormai da 22 anni. Sono entrato in Ubisoft nel 2003. Me ne sono andato per un po', ma poi sono tornato e, in totale, ho trascorso qui 14 o 15 anni. Personalmente per me è stato piuttosto bizzarro, perché ai tempi ero l'unica persona di colore in molti uffici. Aggiungerei anche che, ovviamente, essere nero in Europa e in Francia non è la stessa cosa che esserlo in America.

Per molto tempo ho cercato di non badarci. Mi dicevo: "Sono uno sviluppatore di giochi, sono come tutti gli altri, devo solo integrarmi con le altre persone". E ho fatto finta che fosse vero fino a circa otto anni fa, quando ho iniziato ad acquisire maggiore consapevolezza sociale. Questa nuova sensibilità sta influenzando il mio modo di vedere le cose e anche la mia creatività, oltre che il modo in cui gli altri vedono me, e dovrei esserne più consapevole.

Ai tempi, praticamente non c'erano né persone di colore né donne. Solo maschi bianchi. Era la norma e quando sei giovane non ti fai troppe domande. Preferisci concentrarti sul lavoro, sull'essere creativo e sul dare il meglio.

AY: Giusto: entri in modalità sopravvivenza e cerchi di integrarti, di mescolarti nel gruppo, di non apparire come diverso.

GM: Esatto. Mi concentravo solo sul far bene il mio lavoro. Ero molto ambizioso e volevo credere di avere molto talento, perché stavo facendo carriera in fretta: diventai prima Game Designer e poi Game Director e Creative Director.

Nasco come artista, disegnatore di fumetti, ho scoperto i giochi solo in seguito e me ne sono innamorato. Sono passato rapidamente al game design perché amo creare mondi e sistemi, e ai tempi si poteva passare in fretta da un ruolo all'altro se avevi la giusta determinazione. È in parte per questo che ho fatto carriera rapidamente.

Ma è solo quando sono arrivato più avanti nella mia carriera che credo di aver iniziato a pormi delle domande: "Perché io?". "Perché le persone mi parlano in quel modo?". Ero talmente preso dalla voglia di integrarmi da aver dimenticato che ero una persona nera con il vocione, alta più di un metro e novanta, e questo crea forse dei pregiudizi negli altri quando mi vedono e ascoltano. Ho iniziato a farmi domande sul mio modo di interagire con gli altri e ho capito che poteva esserci in ballo dell'altro, finché alla fine ho deciso di smettere di far finta che non ci fossero differenze tra me e gli altri, come avevo fatto fino a quel momento.

AY: Sì, perché che uno le riconosca apertamente o meno, le differenze ci sono. E influenzano il modo in cui ti rapporti con gli altri.

GM: Tra l'altro, era anche un argomento tabù. Non c'era nessuno con cui parlarne, con cui discuterne. Secondo la costituzione francese, tutti sono uguali; e a differenza di quanto avviene in altri paesi, da noi con il censimento non si raccolgono dati sull'etnia, perché tutti devono essere uguali agli occhi del governo. Ma è solo un mito, perché in realtà il razzismo esiste ancora. Da una parte accresce il tuo senso di appartenenza a una nazione, ma dall'altra i problemi sono ancora lì e la gente non li riconosce.

AY: È così anche negli Stati Uniti. Il nostro paese è stato fondato sul principio secondo cui "tutti gli uomini sono uguali." Ma ci sono state tante eccezioni a quella regola e sfortunatamente ci sono ancora. Siamo nel Black History Month e, per quanto il nome faccia riferimento alla storia dei neri, molte delle battaglie e delle conquiste delle persone nere in tutto il mondo non sono solo un pezzo della nostra storia, non sono solo cose successe nel passato: sono una realtà che avviene tuttora, anche nel presente. Queste battaglie e queste vittorie magari oggi possono essere un po' cambiate rispetto a quelle di un tempo, ma dobbiamo capire come influenzano ancora la vita dei neri. Il Black History Month serve a riconoscere tutto questo e a far qualcosa di concreto per risolvere il problema. Il Black History Month mi ricorda per certi versi il giorno di San Valentino. Nel senso che non dovrebbe esserci un solo giorno all'anno per prenderti cura di chi ami.

GM: Esatto. Come se ci importasse delle persone nere solo questo mese.

AY: Giusto. Serve più che altro per ricordare un impegno da portare avanti tutto l'anno. Le persone nere devono essere riconosciute, ascoltate e celebrate sempre, non solo in questo mese. Ed è così che l'industria dei videogiochi dovrebbe considerarlo, come un principio da tener presente in ogni progetto. Reclutare, far crescere e dar spazio alle persone nere di talento sempre, anche quando è difficile. Aiutare a rimuovere delle barriere che esistono da tanto tempo e che ancora impediscono alle persone nere di accedere e perseguire questo genere di lavori. Inoltre, dare alle persone nere un'altra piattaforma creativa nel mondo dell'intrattenimento per esprimere la loro creatività, e questo sarebbe solo un bene per il settore.

"Penso che ora la differenza sia che alcuni gruppi demografici hanno molte più opportunità di produrre le loro storie ed esperienze, e anche molte più opportunità per fallire"

GM: Credo che in parte sia questo a generare paura, perché attraverso quello che noi scriviamo e i personaggi che creiamo possiamo superare i luoghi comuni e gli archetipi che esistono in questo settore da tanto tempo. Penso sia questo il valore aggiunto che noi apportiamo. Offrire altre esperienze di vita dona più ricchezza al materiale, perché noi vediamo il mondo da un'ottica diversa.

AY: E c'è del bello in queste differenze.

GM: Esatto. È da lì che nasce l'innovazione.

AY: È bello vedere qualcuno come te, che occupa una posizione importante nell'azienda, perché stiamo parlando di come la diversità in ruoli creativi porta a nuove storie ed esperienze. In generale, bisognerebbe avere sin dall'inizio delle persone provenienti da background differenti, che siano però anche nella posizione di poter prendere delle decisioni e influenzare il processo produttivo. Non da usare solo come bollino d'approvazione da applicare sui contenuti sviluppati nello stesso identico modo e dalle stesse identiche persone che hanno sempre sviluppato i giochi.

Tutti devono essere disponibili, pronti a mettersi in discussione e provare cose nuove. Spesso mi chiedo: "Alla fine che potrà mai succedere? Davvero, di cosa hanno paura tutti quanti?" Chiunque può commettere degli errori, così come chiunque può fare delle cose meravigliose. Penso che ora la differenza sia che alcuni gruppi demografici hanno molte più opportunità di produrre le loro storie ed esperienze, e anche molte più opportunità per fallire, ma è una questione di numeri, e se si lascia che a produrre siano persone diverse, si otterranno risultati sempre più diversi e incredibili. Finché non verranno fuori cose mai viste prima e le persone apprezzeranno il bello, il tragico, i punti in comune e le differenze delle esperienze vissute da persone che hanno un aspetto completamente diverso dal loro, che è esattamente quello che le minoranze vivono da anni con le storie create da persone etero e bianche.

GM: Penso che parte di quello che dici stia già accadendo, ma soprattutto nel settore indie, dove i team sono più piccoli. Perché se aggiungi una persona a un team che ha già centinaia di membri, ciò che a questa persona sta a cuore, quello in cui crede, finirà per essere lentamente appiattito e diluito.

Il tema del mese, in Ubisoft, è "Autenticamente noi." Cosa vuol dire per te?

AY: Significa poter essere accettati senza che ci si aspetti che tu cambi più di quanto richiesto ad altri individui all'interno di certi spazi, che si tratti di una community online o di un ufficio. In un ambiente lavorativo, ad esempio, significa che saremo in grado di condividere il nostro umorismo, il nostro gergo o stile di capelli, i nostri punti di vista, senza che questo influenzi negativamente il modo in cui gli altri ci vedono, o metta a rischio delle opportunità di carriera nella compagnia o nell'intero settore, solo perché sono diversi. A volte la gente confonde l'essere neri con l'essere poco professionali, solo perché non è abituata a vedere qualcosa di diverso, e credo sia ora che le persone riflettano meglio su cosa significhi avere un luogo di lavoro produttivo e sicuro per tutti. Per esempio, significa avere più persone nere con cui poter creare spirito di gruppo e sentirci così più sicuri. E significa anche avere più alleati a supportarci e che imparano da noi.

GM: Visto il mio ruolo manageriale, io sono ancora circondato sfortunatamente da persone quasi tutte bianche. Le persone sopra di me, che ascoltano le mie presentazioni, quelle che devono fidarsi di me, sono bianche. Perciò per me è difficile trovare uno spazio in cui essere autenticamente me, perché sono quasi sempre in "modalità manageriale". Se diventi un po' troppo diretto in merito al tuo colore, non sai mai come la persona molto importante con cui stai parlando potrebbe recepire la cosa. Quasi sempre non vale la pena di rischiare. Inoltre, a essere onesti, sono nato da un'unione mista e cresciuto in un ambiente francese di bianchi, quindi mi viene naturale comportarmi come farebbe un bianco.

AY: Sì, passare da una modalità all'altra. Anche io mi ritrovo a farlo.

GM: Già, lo faccio in automatico e da così tanto tempo che, ora come ora, non so cosa voglia dire essere "autenticamente me stesso". Ma quello che so è che questa cosa che mi impedisce di esprimermi totalmente, e a volte di dire quello che voglio dire, è la fiducia. Più in alto ti trovi in questo settore, meno conta effettivamente il tuo lavoro o quello che fai: quello che conta è il fatto che gli altri possano fidarsi di te. Quella è la barriera invisibile che non ti fa salire oltre. Alla fine della fiera, quando la tua carriera arriva a un punto in cui devono scegliere fra te e altre 10 persone, e devi cercare di convincere gli azionisti che la tua idea è grandiosa o che semplicemente sei in grado di svolgere quel lavoro, gli azionisti scelgono in base alla fiducia. E lì viene il difficile. Quando capisci che nella maggior parte dei casi non riceverai quella fiducia, che altro puoi fare?

"Oh, mi piace quel tipo, ha talento... Ma non è la persona adatta per questo lavoro." "Oh, non credo sia la scelta giusta, mi sembra troppo rischioso."

Ci sono molti motivi per cui ci si può non fidare di qualcuno, visto che la fiducia non è un qualcosa di quantificabile. Ho imparato a non dire alcune cose riguardo alle mie idee, perché temo che potrebbero generare quelle risposte. "Oh, è forte. Originale. Importante. Innovativo. Ma è anche rischioso, no?" E perdi punti perché vieni associato al rischio. Non saprei dire se ora riesco a essere autenticamente me in tutto quello che faccio, proprio per questi motivi. Più persone come me entreranno in questo campo, più la gente sarà in grado di fidarsi dei giovani, degli emergenti. Ora dobbiamo proseguire su questa strada per arrivare al punto in cui tutti nella compagnia possano essere autenticamente se stessi, senza frenarsi prima di parlare per non essere considerati un rischio. Spesso la gente scambia i preconcetti per sensazione di rischio. Questo mi rattrista, perché quando ci penso mi rendo conto che, anche dopo tutto questo tempo, non sono me stesso in gran parte delle mie interazioni più importanti.

AY: Quando parliamo di fiducia e di pregiudizi inconsapevoli, è naturale per chi è più grande rivedersi in una persona giovane che gli assomiglia. Pensare: "Oh, mi ricorda com'ero io e voglio aiutare questa persona che è come me". È assolutamente normale. Ma non è il massimo se parliamo di cambiamento, perché nei ruoli importanti c'è un netto predominio di un certo tipo di persone. Perciò se nessuno si impegna nel cercare di cambiare le cose e fare di tanto in tanto qualcosa di diverso, alla fine si ricadrà sempre nello stesso circolo vizioso.

GM: Credo sia importante riconoscere in quali situazioni si creano degli ostacoli che impediscono di concedere la fiducia a qualcuno. Quando ci sono da prendere certe decisioni, le commissioni possono rappresentare una buona soluzione per ridurre i pregiudizi, invece di assegnare tutto il potere decisionale a una sola persona. Se a contare è la visione di un'unica persona, è ovvio che tutto verrà filtrato attraverso il suo modo di vedere le cose, quello in cui crede, e tutto ciò che mette in discussione quella visione diventerà solo un peso e verrà scartato. Viviamo in un'era diversa e la collaborazione è più importante che mai. Dobbiamo individuare i colli di bottiglia, in cui ogni cosa è filtrata dagli occhi di una sola persona, ed eliminarli.

"A volte la gente confonde l'essere neri con l'essere poco professionali"

AY: Ti ringrazio di aver condiviso con me la tua esperienza e di aver raccontato come ci sia ancora molto da fare perché tu possa essere davvero te stesso sul posto di lavoro. Stavo pensando alla mia esperienza nei videogiochi e per me è stato tutto incredibilmente bello, soprattutto visto che sono in questo campo da poco tempo. E quindi penso che ci possano essere altri motivi perché io e le mie idee non veniamo prese sul serio, essendo io nuova nel settore e una che scrive da poco. Finora, le persone mi hanno dato l'impressione di prendere in considerazione le mie opinioni come quelle di tutti. Ma se con il passare del tempo, in questa azienda e in generale nel settore, non dovessero esserci altre persone come me, queste persone potrebbero non essere in grado di distinguere la loro esperienza con me da quella in generale con donne nere o persone nere. Se resto un caso unico, la cosa potrebbe diventare molto rischiosa: le persone potrebbero trarre delle conclusioni da un singolo esempio. Del tipo: "Oooh, l'ultima volta che ho lavorato con una persona nera o con una donna nera è andata così. Non so se lavorerei con un'altra, preferirei lavorare con qualcuno che mi assomiglia.”

Finora la mia esperienza è stata buona. Ma penso che col passare del tempo sia inevitabile avere esperienze di tipo diverso con altre persone. E credo che la presenza di tante persone come me permetterebbe agli altri di distinguere le loro esperienze a livello individuale, anziché credere che valgano per un intero gruppo.

GM: Sono assolutamente d'accordo. Penso non si tratti solo di avere la diversità, ma di rendere più sicure le persone, e per questo è vitale cambiare l'intera dinamica delle interazioni. Essendo stato spesso quel caso unico, so cosa si prova.

AY: È difficile. Ho vissuto qualcosa di simile crescendo in mezzo a tanta gente bianca, sia a scuola, sia negli ambienti lavorativi precedenti. In un certo senso è come se fossi già abituata a cambiare il mio comportamento per far stare gli altri più a loro agio quando sono con me, ma è una cosa che dà molto su cui riflettere, e lo faccio spesso. Magari non è in cima ai miei pensieri, ma è una cosa che mi ronza nella testa. In tutto quello che faccio, penso a come può influire sulle persone nere, le donne o le donne nere: perché se io sono l'unica che conosci, potresti arrivare a giudicare tutte le altre persone che condividono la mia identità sulla base del rapporto che hai con me.

GM: È qualcosa che è sempre lì, nei recessi della mente, quando faccio proposte e presentazioni. L'ho interiorizzato completamente, senza rendermene conto. "E se mostrassi una versione più autentica di me e qualcosa andasse storto? La cosa si rifletterebbe su un intero gruppo di persone che sono come me?" Non ci avevo mai pensato prima di ascoltare la tua analisi, molto sensibile e intelligente. La pressione aggiuntiva che ti ritrovi sulle spalle, oltre a tutta quella che già devi sopportare quando devi vendere il tuo prodotto. Un fardello in più.

Ho fatto una proposta al CEO di un'altra compagnia in cui lavoravo e all'inizio ho riso per la sua risposta, ma poi mi è rimasta impressa in modo negativo. Disse: "Oh, tu sei il Thierry Henry dei videogiochi". Thierry Henry è un giocatore di calcio francese nero, che ai tempi era famosissimo. All'inizio sembrava un complimento, ma poi quella battuta mi ha lasciato l'amaro in bocca, perché ho capito che venivo visto solo così. Come il campione nero di una squadra. Ero il tizio francese nero che lavorava bene, perciò alla gente ricordavo un altro tizio francese nero di successo che con me, però, non c'entrava nulla. Ero relegato a uno stereotipo. È davvero significativo il modo in cui le persone agiscono quando non sono circondate dalla diversità: proiettano. Solo perché vedi un tizio nero in TV e io ti piaccio perché ti faccio guadagnare dei soldi, non significa che io e lui siamo uguali.

AY: È dura quando senti che non ti trattano come un individuo. È come se ti mancasse una tua identità individuale. In alcuni casi viene detto per farti un complimento, ma a volte questi paragoni e confronti finiscono con il diventare offensivi.

GM: Esatto. È come se dicessi a qualcuno: "Sei il Leonardo DiCaprio dei videogiochi". Ti risponderebbe: "Ma che cavolo vuol dire? Quale sarebbe il collegamento?". Ma alle persone nere succede di continuo. Vieni incasellato e valutato in qualche modo.

"Spesso la gente scambia i preconcetti per sensazione di rischio."

AY: Ci hanno chiesto che consiglio vorremmo dare alla prossima generazione di sviluppatori neri e penso che direi loro di avere fiducia nel proprio potenziale. Di non lasciarsi scoraggiare perché non sanno tutto, ma di impegnarsi per imparare. C'è anche una piccola componente di fortuna; devi ovviamente trovare le opportunità giuste e coglierle al volo quando si presentano. Ma una cosa che consiglio di fare è di contattare le persone, parlare con la gente. Scoprire come le capacità e gli interessi che possiedi oggi possano diventare un'occupazione nell'industria dei videogiochi. Alcuni frequentano delle scuole apposite per questo, visto che alcune abilità sono molto specifiche e tecniche, ma ci sono tante altre competenze che sono trasferibili, come per ogni lavoro.

L'ultima cosa che voglio dire è di mostrare sempre perché essere diversi è un bene. Le persone dovrebbero essere orgogliose di affrontare le cose da una prospettiva differente e un background diverso può essere un vantaggio per un gruppo di lavoro.

GM: Sono assolutamente d'accordo. Ho visto alcune giovani persone nere dire: "Questo settore non fa per me, non mi ci riconosco". A loro direi di cercare la diversità che esiste già e di entrare a farne parte.

AY: E di essere aperti. Ci aspettiamo che gli altri si aprano a noi e le persone nere che entrano in un nuovo ambiente devono essere aperte ai vari tipi di persone con cui potranno lavorare.

GM: È un circolo vizioso: se pensi che un settore non è per te, non ti impegni per entrarci e quindi non sarà mai "per te".

AY: Essere aperti e pazienti è importante, perché le cose stanno cambiando, stanno andando nella giusta direzione. Siate pazienti, mentre gli altri imparano a rapportarsi con nuove persone e nuove realtà, perché credo che la maggior parte della gente abbia buone intenzioni.

*Per saperne di più su quello che Ubisoft sta facendo per i suoi dipendenti neri, leggi il nostro articolo: Employee Resource Group Spotlight: Black Employees At Ubisoft

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